A Roma il 24 settembre la cucina del San Domenico
Quando
la coccinella si rende utile.
La
Coccinella e la mia vecchia Ka che con due soldi ho preso dalla mia
amica Cristi.
Essa
mi porterà lunedì 24 settembre in quel di Roma, all'Etaly ha
gustare la grande cucina del San Domenico di Imola.
Ci
vado, pensando a Luca Marchetti, a Telly, anche per iniziare un
bellissimo viaggio verso la qualità, quella sublime ed eccelsa. Il
costo non è eccessivo, 80,00 € ma in tempi di crisi, capisco chi non li vuol
spendere.
Quella
di Morini è una storia unica, forse un po' dimenticata, entrata nel
circuito dei ricordi ma sconosciuta ai più, in realtà più che una
storia, una vera leggenda.
"ll San Domenico è la storia di un grande impegno che, purtroppo, non è più riconosciuto - mi dice Morini, e io guardo questo gentiluomo quale non ce ne sono più, ormai, che parla a voce bassa e in questo nostro inizio di conversazione tradisce una certa amarezza - in Francia Bocuse è un icona, ha le tre stelle, nessuno lo discute, da noi invece tutto passa, si dimentica e allora rimane una certa amarezza."
E io penso che ha ragione, che Morini e il San Domenico sono stati dimenticati, sono diventati come tanti altri, quasi che l'unica misura sia la quantità di stelle, ma quante ne dovrebbe avere questa Storia che inizia il 7 marzo del 1970?
"Pensavo di fare più che un ristorante una casa dove si ricevono degli amici - racconta - e così ho detto a mio padre che volevo aprire un ristorante nella casa del nonno."
Si arriva a questo dopo varie esperienze, l'iscrizione al Centro Cinematografico Sperimentale di Roma, dopo avere fatto il segretario di edizione nel film di Luciano Emmer, Il Bigamo, e dopo l'impiego in banca.
"ll San Domenico è la storia di un grande impegno che, purtroppo, non è più riconosciuto - mi dice Morini, e io guardo questo gentiluomo quale non ce ne sono più, ormai, che parla a voce bassa e in questo nostro inizio di conversazione tradisce una certa amarezza - in Francia Bocuse è un icona, ha le tre stelle, nessuno lo discute, da noi invece tutto passa, si dimentica e allora rimane una certa amarezza."
E io penso che ha ragione, che Morini e il San Domenico sono stati dimenticati, sono diventati come tanti altri, quasi che l'unica misura sia la quantità di stelle, ma quante ne dovrebbe avere questa Storia che inizia il 7 marzo del 1970?
"Pensavo di fare più che un ristorante una casa dove si ricevono degli amici - racconta - e così ho detto a mio padre che volevo aprire un ristorante nella casa del nonno."
Si arriva a questo dopo varie esperienze, l'iscrizione al Centro Cinematografico Sperimentale di Roma, dopo avere fatto il segretario di edizione nel film di Luciano Emmer, Il Bigamo, e dopo l'impiego in banca.
Arriva
all'idea di un ristorante dopo che è andato varie volte a Parigi,
tra il '49 e il '53, ospite di uno zio, Mario Galvani, che è un alto
funzionario della Sicurezza, e che lo ospita nei migliori e più
costosi ristoranti francesi.
Arriva
all'idea di essere ristoratore in prima persona dopo che per un
periodo casa sua diventa sede abituale di cene importanti e
curatissime, quasi professionali.La
storia del San Domenico è anche la storia di Valentino e di Natale,
che stanno da 43 anni a fianco di Morini, uno in cucina e l'altro in
sala.
"Per
me sono due figli - dice Morini -
E'
la storia di come Morini convinse il grande Bergese,
una volta chiuso il suo ristorante, La Santa di Genova, a trasferirsi
a Imola per istruire alla sua cucina un giovane di 18 anni che si
chiamava Valentino Marcattilii e che poi andò a scuola in Francia
per due anni, prima alla Pyramide di Madame Point, poi dai Fratelli
Troisgros, da Vergè e dagli Haeberlin all'Auberge de l'Ille, era il
1974, in Italia c'era Cantarelli, Marchesi avrebbe aperto di lì a
tre anni, allora chiedeva informazioni sulle sue esperienze a
Valentino.
La
conversazione con Morini prosegue a tavola, lui ha già pranzato alle
11,30, si siede accanto e parliamo e io ogni tanto mangio, perché
Valentino nel frattempo manda in tavola piatti classici, come questo
che è l'uovo, oppure delle costolette di agnello della zona che
nulla hanno a invidiare ai presalè di tutto il mondo.
Il
ristorante è bello, una vera casa dove si ricevono gli amici, sui
tavoli degli argenti, le luci giuste, i tappeti, le poltrone in
pelle, un servizio familiare, c'è anche il figlio diciottenne di
Natale che come il papà ai suoi tempi inizia l'apprendistato.
Morini
ha 77 anni ma gira ancora per Imola in bicicletta. Valentino mi
mostra una foto pubblicata sul giornale quest'inverno, quando
l'Italia era finita sotto una grande nevicata, che ritrae Morini che
pedala in una strada del centro tra due muri di neve.
Ricordiamo il filmato del Gambero Rosso Channel che lo riprendeva mentre arrivava al San Domenico in bici e poi mi racconta dell'avventura americana quando decise di aprire il San Domenico a New York con Tony May.
Ricordiamo il filmato del Gambero Rosso Channel che lo riprendeva mentre arrivava al San Domenico in bici e poi mi racconta dell'avventura americana quando decise di aprire il San Domenico a New York con Tony May.
Non
c'è mai rimpianto, mai una parola pesante, eppure quell'avventura
americana è finita male, la società con Tony May si è sciolta e
Morini ha regalato il marchio San Domenico al ristoratore
campano-americano.
Morini
ha un ricordo e una parola gentile per tutti, non come Marchesi che a
83 anni non smette di parlar male di tutti perché lui solo è il
genio.
E
poi Morini ha raccontato altre storie, di altri protagonisti, ma il
resto venitelo a sentire e ad assaggiare i piatti del San Domenico a
Eataly di Roma il 24 settembre.

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