il pollo di nonna Fulvia


Il giorno di ferragosto, nei tempi andati mio nonno era solito organizzare un pranzo per festeggiare l'estate. Sin dal giorno prima, tutte le zie insieme alla nonna Fulvia, cominciavano a preparare: pasta all'uovo, insalate, involtini di verdure e prosciutto crudo, e sopratutto i polli. Venivano ammazzati il sabato mattina, poi lasciato decantare il sangue, quindi si passavano nella pentola dell'acqua bollente e spellati. Poi si passava al taglio delle interiore che ero quasi sempre per gatti e maiali. I maiali erano appena acquistati per poi essere svezzati e pronti a natale per la macellazione. Fatti a pezzi venivano messi dentro la bagnarola, rilavati e messi nella salumaia. La salumaia era una piccola stanza, al centro della casa, al primo piano, aveva anche un balconcino, ed era una stanza ben aerata, con la giusta umidità. Li c'era la madia, le farine, i fagioli, prosciutti, i salami, venivano conservati i semi per l'orto, c'erano le marmellate, il miele e la frutta. Ma sopratutto c'era il pane sciapo fatto in casa. Nonna ogni venerdì faceva il pane, sciapo con farina di grano duro integrale, macinata da nonno e prodotta nella loro campagna. Ne faceva sei sette filoni, che poi dava anche agli zii, che abitavano, li contingui. Poi c'erano le canne per i tagliolini e le fettuccine. Li, in quella stanza è nato il mio amore per le cose buone, e li la mia mente ha sognato Spighe d'Astura. La domenica all'ora di pranzo i polli venivano cotti in parte al forno, con la patate e in parte alle brace che nonna Fulvia condì con un intingolo fatto di olio, erbe e aromi che l’inesperienza non mi consentì di capire quali fossero.
Il colore della carne dei polli di nonna Fulvia, andavano sullo scuro. La prima volta, ero titubante, non capivo, da noi lucchetta non si faceva il pollo alle brace, quindi diffidavo, ma il fatto che gli zii lo stessero già mangiando, prima dell'arrivo a tavola, mi convinsi a rompere qualsiasi indugio.
Personalmente m’impegnai molto nell’apparire sicuro, nel mangiarlo con le mani e nel rimanere indifferente alle galline che ci ronzavano intorno indisturbate, ma ogni titubanza svanì quando, poco dopo, accadde qualcosa che avrebbe occupato per sempre un piccolo spazio nella mia memoria. Al primo morso, nonostante la carne fosse notevolmente più coriacea rispetto a quella a cui ero abituato, capii che stavo mangiando il pollo più buono che avessi mai provato, destinato a rimanere tale probabilmente per il resto dei miei giorni.
Per questo quando, il mio amico, contadino comunista, Paolo Bortoletto, inizio ha seguire il mio consiglio di allevare polli ruspanti, fui l'uomo più felice della terra.
Paolo Bortoletto e la mogli Elsa Salvalaggio, vendono polli, galline, anatre, oche, verdure e marmellate in quel di Borgo Santa Maria, via Macchia Grande, prima del centro abitato, venendo dalla Pontina.

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