Non è farina del mio sacco, ma è un post di Bonilli, interessantissimo...
Provo a immaginare nello studio della trasmissione Che tempo che fa, - vedi mai che qualcuno di loro lo legga - invece della Filarmonica della Scala una grande cucina e come ospiti Adrià, Blumenthal e Bottura e penso che potrebbe essere un vero disastro ovvero un successo incredibile perché se Adrià trovasse le parole per raccontare la nascita di un suo piatto con un linguaggio popolare sarebbe una svolta culturale e un grande momento televisivo.
E se Bottura riuscisse a raccontare e far vedere come ha studiato e cambiato l'impasto della mortadella, come ha ricostruito il ciclo della preparazione della soppressata e come ha utilizzato il Parmigiano nella sua cucina la gente dimenticherebbe Striscia e il suo finto populismo gastronomico.
E se Blumenthal raccontasse il piatto di maiale della cucina inglese del Settecento che lui ha riproposto nel suo ristorante e che io ho mangiato questa estate,l'immagine della cucina molecolare, con il suo alone di paure, si dissolverebbe in un attimo.
Da ultimo se in studio ci fosse un giornalista del settore che con un linguaggio chiaro e non elitario, da esperto-antipatico, con un tono colloquiale e non da "so tutto io e voi non capite un cacchio" raccontasse le storie di questi cuochi la gente a casa capirebbe che la cucina innovativa è come l'arte contemporanea: c'è quella furbastra e truffaldina ma c'è la grande arte contemporanea, quella di Calder, per fare un esempio, che al palazzo delle Esposizioni di Roma ha avuto nell'ultima settimana 10.539 visitatori, poco meno degli 11.620 della mostra Caravaggio Bacon alla Galleria Borghese.
E la domanda ritorna più che mai attuale: Come mai la cucina tradizionale ci piace e la cucina moderna ha più detrattori che estimatori?
E se Bottura riuscisse a raccontare e far vedere come ha studiato e cambiato l'impasto della mortadella, come ha ricostruito il ciclo della preparazione della soppressata e come ha utilizzato il Parmigiano nella sua cucina la gente dimenticherebbe Striscia e il suo finto populismo gastronomico.
E se Blumenthal raccontasse il piatto di maiale della cucina inglese del Settecento che lui ha riproposto nel suo ristorante e che io ho mangiato questa estate,l'immagine della cucina molecolare, con il suo alone di paure, si dissolverebbe in un attimo.
Da ultimo se in studio ci fosse un giornalista del settore che con un linguaggio chiaro e non elitario, da esperto-antipatico, con un tono colloquiale e non da "so tutto io e voi non capite un cacchio" raccontasse le storie di questi cuochi la gente a casa capirebbe che la cucina innovativa è come l'arte contemporanea: c'è quella furbastra e truffaldina ma c'è la grande arte contemporanea, quella di Calder, per fare un esempio, che al palazzo delle Esposizioni di Roma ha avuto nell'ultima settimana 10.539 visitatori, poco meno degli 11.620 della mostra Caravaggio Bacon alla Galleria Borghese.
E la domanda ritorna più che mai attuale: Come mai la cucina tradizionale ci piace e la cucina moderna ha più detrattori che estimatori?
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